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Francesco
Talanti |
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(Tratto da: Francesco
Talanti , A dila s-ceta, saggi di traduzione della DIVINA COMMEDIA,LA
NASCITA DI ROMA, SONETTI, Ravenna , 1969, Il Girasole).
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«In una burrascosa notte
di bora violenta di un imprecisato anno ai primi albori del XIX secolo, un
bastimento greco diretto a Venezia naufragò nel mare di Primaro:
bastimento, carico e occupanti andarono perduti ad eccezione di due
ragazzetti fra i sei e gli otto anni, non si sa bene se gettati vivi dal
mare sulla spiaggia o se tratti in salvo da qualche pescatore accorso in
aiuto.
Erano fratelli Mariano e Francesco Talanti, greci… Non si hanno notizie
circa il primo divenire dei due ragazzi. E' certo però che seppero
fondare una delle più cospicue famiglie di Sant'Alberto. Mentre Mariano
si stabilì poi in Piemonte, dove esiste tuttora, a Torino, un ramo
Talanti, Francesco visse e prosperò a S. Alberto ove, da suo figlio
Giuseppe e da Minguzzi Teresa, il 2 febbraio 1870 nacque FRANCESCO TALANTI.
Fin da ragazzo Francesco rivelò una assoluta indipendenza di carattere ed
una vivace intelligenza.
Espresse sempre giudizi poco conformisti su persone cose o avvenimenti,
ebbe gesti altrettanto, diciamo, personali tanto che il paese (nebbioso e
misero villaggio, allora, di braccianti analfabeti e di donnette timorate
di Dio) gli affibbiò il nomignolo "Cecc e' matt". »
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Professore di lingue, vive
e morte, traduttore in dialetto ravennate della Divina Commedia, nato nel
1870 a Sant'Alberto (culla della famiglia di Olindo Guerrini), scomparve
il 27 giugno 1946. Talanti era un tipo bizzarro, di spirito mordace; un
uomo, allo stesso tempo, amabile e intrattabile. Traduttore dunque di sei
canti dell'inferno: I, II, III, V, XIX, XXI. "La traduzione
talantiana è piuttosto una interpretazione dei versi danteschi condotta
come se espressa da un bracciante santalbertese, trovatosi al posto di
Dante, in quel determinato stato d'animo, in quella tale situazione, sotto
l'influsso di quella determinata situazione".
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E prem cant d'l'Inferan
An sera piò un zuvnot e
gnanca anzian
quand am truvè int' un bosch ch'l'era tant scur
senza un sintir in vel, e fura d'man.
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Il primo canto
dell'Inferno
Nel mezzo del cammin di
nostra vita
mi trovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
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I pochi
canti tradotti, ci danno la misura della facile vena del Talanti. La
conferma sulla fluidità del verso e sulla garbatezza del suo umorismo la
troviamo nelle altre tre composizioni dialettali: nei sonetti, ne La
nascita di Roma. Ma questa facile vena e fluidità del verso, Talanti la
ebbe anche nelle sue poesie in lingua. Citiamo ad esempio Nell'attesa
(musicata dal M.o Ducci), Abbandono, Ancora, Ricordo di una gita campestre
Serenata (musicata dal M.o Gusella del Conservatorio di Milano).
Facile
vena, dicevamo, cuore, sentimento, poesia, in una parola, pervase da un
sottile filo di malinconia e, talvolta di tristezza, derivante dalla
solitudine in cui sempre si trovò Talanti, la cui integra coscienza fu
sempre vigile custode della sua indipendenza di pensiero e di giudizio.
Poesia che si rifà alla limpida acqua de "Il Guado" di
Stecchetti.
Ma
Francesco Talanti ebbe ben altri e più importanti interessi culturali.
Insegnò matematica al Collegio Scolastico di Intra e di Luino, sul Lago
Maggiore, da dove poi passò a Lugano (1898) ove strinse vera e duratura
amicizia con alcuni fuoriusciti per i moti anarcoidi di Milano, e
precisamente con Guido Pedrecca, Leonida Bissolati, Scaglia ed altri,
senza tuttavia condividerne gli ideali politici, ché mai Talanti sopportò
di intrupparsi in un gregge.
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