CAPITOLO PRIMO
In una Leningrado
caldissima mi muovo con un amico che sta cercando di chiarire la storia di
un Generale che aveva un cane attendente.
E così mi trovo in un
treno in partenza per Leningrado. Subito dopo raggiungerò la Georgia dove
mi attende l'amico Agagianian per accompagnarmi nei posti delle acque
termali. Mi scappa via l'Italia dalle mani con rettangoli di grano
abbrustolito e altro tagliato e luccicante come striscioni di lumache. Le
foglie degli alberi cercano l'ombra sotto altre foglie, come fanno le
pecore al sole. Zagabria odora di Francesco Giuseppe. Nei campi, ciuffi di
vimini in mezzo a chiazze pelose. Erbe alte e arrugginite attorno a
grappoli di fiori bianchi. Boschi e radure. Colombi aggrappati a tetti
spioventi guardano il treno che passa. In Ungheria i contadini raccolgono
il fieno ammucchiandolo sui carri trainati da cavalli biondi con macchie
chiare. Case con tetti aguzzi. Sulle strade di terra battuta gente in
bicicletta. Accanto alle case piccoli gabinetti di legno come usavano
nelle nostre campagne cinquant'anni fa. Grossi uccelli scuri con voli
pesanti si alzano. Il lago Balaton con anatre dondolanti sull'acqua mossa.
Ci fermiamo alla stazione di Balatonszentayorgy, una lunga e bassa gabbia
per uccelli con rotaie sul terreno ocra. In Ucraina, la pianura è
percorsa da un centinaio di macchine agricole imponenti che si muovono
parallele facendo roteare pettini di lame luccicanti per tagliare il
grano. Uomini e animali sono mangiati dallo spazio. Breve sosta a Kiev. La
vecchia città di cupole luccicanti lungo il profilo della collina
affacciata sul Dnieper larghissimo e che trasuda sabbia per chilometri
lungo le sponde.
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